domenica 18 gennaio 2015

La Dolce Vita (che se ne va)

Ammettiamolo : non è stato il miglior inizio d’anno possible.
Aver vissuto quello che abbiamo vissuto a Parigi la scorsa settimana, avrebbe rattristato davvero chiunque. Per qualche giorno, tutto è passato in secondo piano: le nostre vite, i nostri problemi, il nostro quotidiano. Atterriti, sommersi dagli eventi, ci siamo trascinati stremati fino alla manifestazione di domenica pomeriggio. Che certo è stato un momento bellissimo: tutta quella gente per strada, quel desiderio di restare uniti, compatti, quel sentimento di dover dire qualcosa di importante al resto del mondo.
Negli stessi drammatici giorni degli attentati, sono morti a distanza di poco tempo l’uno dall’altra due attori che appartenevano un po’ ad un’altra era, sia del cinema che del mondo: Rod Taylor

e Anita Ekberg
Australiano il primo, Svedese la seconda, avevano fatto fortuna, rispettivamente, a Hollywood e in Italia. A sentire della loro scomparsa, mi sono rattristata ancora di più.
Era un po’ come se l’ultimo barlume di innocenza e spensieratezza se ne fosse andato via da qui, trascinato insieme a tutto il resto in quel baratro buio e profondo a cui assomiglia sempre più spesso il mondo moderno. La Dolce Vita (1960), il film che ha creato il mito della Ekberg, è sì uno dei film più disperanti della storia (l’ho rivisto di recente e sono rimasta impressionata dalla sua angosciosità), ma nel nostro immaginario collettivo sarà sempre legato al mito dei paparazzi, di Via Veneto, di Roma quando era la città più bella del mondo, dell’Italietta della fine degli anni ’50, di un paese in cui c'era ancora speranza, il boom economico, Cinecittà, Hollywood sul Tevere, e dove due si potevano buttare nell'acqua della Fontana di Trevi dando vita ad un'immagine iconica riconoscibile da chiunque in qualunque parte del pianeta Terra:
La Ekberg, Dolce Vita a parte, non ha fatto una grande carriera. E lo stesso si può dire di Rod Taylor, che viene soprattutto ricordato per il suo ruolo in Birds (1963) di Alfred Hitchcock:
Io però l'ho notato in un altro film, sconosciuto ai più, scoperto per assoluto caso quando ero molto giovane e che ho sempre adorato: Sunday in New York (1963) di Peter Tewksbury:
Sunday in New York è una commedia romantica di quelle che si facevano solo una volta: ben scritta, con dialoghi brillanti e intelligenti, situazioni buffe e una morale da e tutti vissero felici e contenti
Che sollievo! Qui, come simpatico bonus, c'è un'ambientazione anni '60 che è seconda in delizia solo a Mad Men. New York non è mai stata così bella, e l'appartamento in cui si svolge quasi tutto il film è talmente meraviglioso che il desiderio di trasferirsi subito a vivere lì e farsi un Martini Cocktail sorge spontaneo dopo due secondi netti che lo si guarda. 
L'alchimia tra i due protagonisti, Rod Taylor e Jane Fonda (di una bellezza strepitosa), dà il tocco finale al tutto.
Ho iniziato a sognare di vedere New York guardando quel film, e posso assicurarvi che ancora oggi, e ogni qual volta mi è capitato di andarci, la domenica è il mio giorno preferito per stare in città. Passeggio per le strade di Manhattan e ripenso alla canzone di Peter Nero che fa da colonna sonora al film, e mi dico che la vita è ben strana. 
I film ci guidano, ci trasportano, ci accompagnano, e non ci lasciano mai.
La Dolce Vita se ne va, il cinema resta.


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