domenica 20 maggio 2012

De rouille et d'os

Da che cosa si riconosce un grande film? Quali sono gli elementi che lo rendono speciale, che lo pongono al di sopra degli altri? 
Come in tutte le forme d'arte, anche nel cinema la grandezza di un'opera è spesso difficile da definire. Più che descriverla, forse bisognerebbe semplicemente apprezzarla, e parlarne. A tutti, il più possibile, perché di quella bellezza ne possa godere il più alto numero di persone. Io questa settimana sono andata al cinema quattro volte. Ho visto dei film che mi sono piaciuti, anche molto, uno che mi ha divertito ma che ho dimenticato alla velocità della luce e poi, venerdì sera, ho visto il nuovo film di Jacques Audiard, De rouille et d'os (Di ruggine e d'ossa).
E lì, c'è stato un piccolo tsunami che ha spazzato via nel giro di due ore tutti i film che ho visto dall'inizio dell'anno a oggi. La grandiosità del film di Audiard è un'evidenza. Uno non può far altro che stare seduto davanti allo schermo e constatare, immagazzinare, soffrire, ridere, avere le palpitazioni e poi, una volta uscito, cercare di convivere con il fatto che no, un altro film così non capiterà tanto presto, un altro film così bisognerà aspettare un bel pezzo, per ritrovarlo. E' il rovescio della medaglia delle cose belle della vita: non capitano tutti i giorni.
Armand Verdure/Sam e Matthias Schoenaerts/Ali
Ali e suo figlio Sam, 5 anni, si sono appena trasferiti a vivere ad Antibes. Senza soldi, squattano dalla sorella di Ali. L'uomo, un passato da boxeur, trova lavoro nella sicurezza di una discoteca e lì, una sera, conosce per caso Stéphanie. Lei è un'addestratrice di orche nel parco marino della città. Pochi giorni dopo il loro incontro, Stéphanie, durante un'esibizione, viene investita da un'orca. L'impatto è devastante, e alla donna vengono amputate entrambe le gambe. Diversi mesi dopo l'incidente, Stéphanie ricontatta Ali. I due iniziano a conoscersi, a diventare amici, ad amarsi.
Marion Cotillard/Stéphanie
Basato su alcuni racconti della raccolta Rust and Bone dello scrittore Canadese Craig Davidson, De Rouille et d'os ha una trama che definire pericolosa è dire poco. Nelle mani di un regista mediocre, una storia del genere avrebbe potuto generare un mostro strappa lacrime, patetico e ricattatorio, sia dal punto di vista emotivo che psicologico. Audiard, invece, grazie ad un pudore e ad una rigorosità che sono propri del suo cinema, e grazie ad una regia prodigiosa (che non ha eguali in Francia, a mio avviso, e forse nemmeno in Europa), ci regala un film che è un diamante grezzo ma purissimo. Ogni scena ha un senso, ogni dialogo suona giusto, ogni gesto è essenziale. E poi c'è quella sua capacità rara, preziosissima, di fare dei film estremamente realistici ma incredibilmente poetici. Che è forse la cosa più difficile da esprimere, al cinema. A Audiard questa cosa riesce tanto più intensamente quanto più brutale è quello che sta mostrando. In De Rouille et d'os, le scene più belle sono quelle dei combattimenti clandestini e violentissimi di Ali. Audiard filma i corpi da vicino, li accerchia, li circonda: ci sono denti che saltano, sangue che cola, ma c'è anche la luce del sole sui volti, c'è la bellezza del mondo che si insinua tra quei bruti, e c'è la forza di un sentimento che non viene mai espresso ma che è sotto gli occhi di tutti. E quando Ali è a terra e sembra aver perso il combattimento, Audiard per dargli forza non inquadra la faccia di Stéphanie seduta in macchina ad osservare la scena (come avrebbe fatto chiunque altro), no, lui inquadra, semplicemente, la portiera della macchina. Come se fosse un volto. In questo piccolo scarto, c'è tutta la poetica di Audiard. L'emozione nei suoi film non è mai dove l'aspetti. Ti colpisce a tradimento, e non ti molla. 
Ma parliamo degli attori. Io spero che Marion Cotillard e Matthias Schoenaerts vengano sepolti vivi dai premi, per queste loro interpretazioni. Lei che fosse bravissima lo si sapeva già, ma qui dimostra quel qualcosa in più che le mancava. Senza un filo di trucco, senza gambe (!), la sua Stéphanie è una donna indimenticabile: forte, dura, decisa, ma anche vibrante, vitale e sorprendentemente bella. Quanto a Matthias Schoenarts (ma la soddisfazione di aver scritto quanto fosse bravo in Bullhead su questo stesso blog, la soddisfazione!!!), è una forza della natura sotto tutti i punti di vista. Come molti dei personaggi maschili dei film di Audiard, è soprattutto un corpo. In questo caso grosso, ingombrante, violento, totalmente incapace di esprimersi a parole, ma non per questo meno sensibile, delicato e disarmante. Ma anche il piccolo Armand Verdure nella parte di Sam e Corinne Masiero in quello della sorella di Ali, dimostrano che l'occhio di Audiard è attento ad ogni personaggio. 
Questo film è stato per me un'esperienza talmente intensa che letteralmente non riesco a pensare ad altro da quando l'ho visto, come un virus che ti entra sotto pelle e diventa impossibile da eliminare. 
Se siete di quelli che vanno a vedere un solo film all'anno, allora è venuto il momento di uscire e pagare il biglietto. 
Gli altri sono film, questo è un capolavoro.

2 commenti:

  1. Anch'io sto ancora pensando a queste immagini che mi sono rimaste sotto la pelle... Bella recensione per un capolavoro come dici!

    RispondiElimina
  2. Love, love, love the pictures Carla Coulson took for your blog!!
    Fabulous!
    I want to see this movie too!!
    merci carolg

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...